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In una conferenza stampa ieri al Vinexpo di Bordeaux sono stati presentati i risultati di un sondaggio sul turismo del vino realizzato a livello internazionale dalla rete Great Wine Capitals. Abbastanza interessanti i risultati esposti: l’enoturista tipo è di età matura (il 45% è di età tra 36 e 55 anni, il 30% ha più di 56 anni) ed è di sesso maschile (solo un terzo è donna). Un terzo di loro proviene da un paese estero rispetto al luogo che visita, soprattutto dai paesi europei (Olanda e Regno Unito), ma anche dagli Stati Uniti e dal Canada.

Il 59% delle mete riceve meno di 2500 visitatori all’anno, il 15% da 2500 a 6000 visite, l’11% da 6000 a 10000 e il 15% oltre le 10000. Mentre la maggior parte di loro offre la degustazione dei propri vini (83%) e la visita guidata delle proprie strutture (75%), i mezzi utilizzati per la promozione non sono equamente distribuiti: in Europa si preferiscono i mezzi tradizionali (ufficio del turismo, fiera del vino, brochures, accordi con tour operator) mentre le regioni fuori Europa affidano la propria comunicazione principalmente a Internet. Se si guarda invece alla spesa media per ospite, la separazione invece è netta tra la Napa Valley ($188 a visitatore) o Firenze ($201 a visitatore) contro Bordeaux ($75 a visitatore) o Mendoza ($95 a visitatore).

Secondo gli intervistati, i principali vantaggi attesi dall’enoturismo sono un miglioramento della propria immagine (69%), poi viene la crescita dei ricavi (62%), un migliore posizionamento (54%) e una maggiore affluenza turistica (53%); inoltre, grazie all’enoturismo, il 36% prevede di aumentare il numero dei dipendenti. Complessivamente, il 68% dei viticoltori ritiene che il business del turismo del vino sia finanziariamente sostenibile.


Il paesaggio dei vigneti della Rioja verrà candidato all'Unesco come patrimonio mondiale dell’umanità nella categoria paesaggi culturali. I promotori di questa proposta intendono così mettere in evidenza l'unicità e l'autenticità del territorio in connessione con la sua storia e il suo patrimonio culturale.

La presentazione della domanda presso l'Unesco è parte di un'ampia strategia di sviluppo del turismo del vino della regione: da un recente studio commissionato dal governo della Rioja si osserva infatti che la grande maggioranza dei turisti di questa regione è spinta da motivi enogastronomici e che il livello di soddisfazione dei visitatori è raddoppiato dal 2005. Inoltre, il ministero del turismo spagnolo ha ricordato gli ottimi risultati del piano strategico per lo sviluppo del turismo del vino, iniziato nel 2005 e terminato lo scorso anno. Le visite turistiche alle cantine, ad esempio, hanno visto la presenza di oltre 38.000 enoturisti nei primi cinque mesi dell’anno.


Numerose ed importanti le novità espresse dalla riunione del Comitato nazionale per la tutela dei vini nel corso della sua riunione di maggio. In Puglia sono state autorizzate tre nuove Docg, Castel del Monte Nero di Troia Riserva; Castel del Monte Rosso Riserva; Castel del Monte Bombino Nero e conseguentemente modificata la Doc Castel del Monte esistente. Parere positivo inoltre alla nuova Doc Tavoliere delle Puglie o Tavoliere.

Per la regione Sardegna parere positivo alla nuova Doc Cagliari e modifiche alle Doc Cannonau di Sardegna e Nuragus di Cagliari e alla Igt Isola dei Nuraghi. Per la Sicilia, poi, il Comitato ha espresso parere favorevole alla nuova Doc Sicilia e alla Igt Terre Siciliane, mentre sono state modificate la Doc Moscato di Pantelleria, Passito di Pantelleria e Pantelleria e la Doc Moscato di Siracusa. Infine, per la regione Marche, parere favorevole alla modifica della Doc Colli Pesaresi.


Importante presenza dell’Italia alla Vinexpo di Bordeaux, inaugurata oggi alla presenza del ministro dell'Agricoltura francese Bruno Le Maire. Sui 40.000 metri quadri di superficie espositiva, l’Italia infatti ne occupa ben 4.800, con un incremento del 20% rispetto alla passata edizione.

Significativo inoltre lo sforzo organizzativo dell’Ice, che presenta una delegazione di 96 imprese italiane, e che ha organizzato durante tutta la manifestazione un ciclo di conferenze dal titolo ‘Il vino racconta l’Italia’, raggruppati in quattro nuclei tematici e tenuti da esperti di fama internazionale.


L’export dei vini francesi è complessivamente aumentato nel primo trimestre di quest’anno del 10,3% in volume e del 20% in valore, le vendite hanno infatti raggiunto 3 milioni di hl in volume e 1,5 miliardi di euro in valore. Più in dettaglio, lo Champagne ha realizzato una crescita del 15% in volume e del 13% in valore.

La Germania rimane il maggior importatore di vini francesi con 600.000 hl, ovvero il 20% dei volumi esportati, mentre seguono Stati Uniti e Inghilterra. Prosegue infine la crescita tumultuosa delle esportazioni verso Cina e Hong Kong.


 

Una ricerca commissionata dal Consorzio vino Chianti è stata realizzata lo scorso mese di maggio con lo scopo di comprendere meglio qual è la percezione della zona e del prodotto presso i consumatori italiani. Ecco alcuni tra i risultati più significativi.

Il primo dato che emerge è la più che buona conoscenza del vino Chianti: appena il 3% non lo ha mai sentito nominare mentre solo il 18% lo conosce ma solo di fama, senza averlo mai consumato. Invece ben 13,4 milioni di italiani bevono Chianti con una frequenza significativa, più volte al mese se non addirittura quotidianamente, con ovvio predominio della Toscana, con il 69%. I principali pregi sono il gusto/sapore (33%), la corposità/robustezza/struttura (26%), il profumo (14%), l’alta qualità garantita (12%), il colore rosso (10%). L’unico difetto è, ma solo per il 20% degli intervistati, il prezzo, talora troppo elevato.

Il consumo personale del Chianti avviene per lo più a casa durante i pasti (53%) oppure al ristorante, trattoria, pizzeria (52%). In minoranza il consumo presso enoteche o wine bar (23%) mentre solo il 9% consuma Chianti fuori dai pasti oppure fuori casa presso bar e pub (7%). I canali d’acquisto utilizzati vedono il prevalere della GDO (supermercato 53%, ipermercato 40%, superette 7%, discount 5%) mentre il prezzo ritenuto corretto per una bottiglia di Chianti non supera i 4 euro (14%), tra 5 e 6 euro (24%), tra 7 e 10 euro (38%), oltre i 10 euro (24%).


Dai dati finali dell’ultima vendemmia comunicati dalla Commissione europea, l’Italia è diventata il primo produttore al mondo di vino, con 49,6 milioni di hl, sorpassando la Francia, con 46,2 milioni di hl. Per quanto riguarda l’export, l’Italia è il paese che esporta di più in quantità, 20 milioni di hl contro i 13,5 della Francia, ma resta indietro sul piano del fatturato con 6,3 miliardi di euro (+14%) della Francia contro 3,9 (+12%) dell'Italia. E proprio l’export continua ad andare a gonfie vele: +15% nel primo bimestre del 2011 (6% all’interno dell’Ue) e in particolare negli Stati Uniti dove, con un +31%, l’Italia diventa il primo mercato di sbocco in valore davanti alla Germania.

Il ministro per le Politiche agricole, Saverio Romano, commentando positivamente i risultati, ha ricordato che nei prossimi tre anni il vino italiano potrà contare su un budget complessivo di quasi 500 milioni da spendere sui paesi terzi.


La Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) ha emesso l'altroieri tre circolari riguardanti il settore vinicolo. Nella prima, la circolare n. 29, vengono stabilite le modalità procedurali per l’accesso alla misura della distillazione di crisi (vedi il Dm 546 del 21 gennaio 2011). Nella seconda, la circolare n. 30, sono state diffuse alcune comunicazioni a quanti avevano richiesto di attuare la cosiddetta ‘vendemmia verde’, in particolare riguardanti gli esiti di accoglimento delle domande di aiuto. Nella terza, la circolare n. 31, vengono impartite alcune istruzioni applicative per la presentazione delle domande di aiuto base per la campagna 2010/11.


Ancora una notizia dall’Australia che non mancherà di sollevare polemiche e proteste. Il ministro della sanità, la laburista Nicola Louise Roxon, sta lavorando a un piano strategico per l’introduzione di un prezzo minimo nazionale per l’alcol, il che porterebbe in pratica a quadruplicare il prezzo del vino al bicchiere. Tale prezzo minimo sarebbe gestito separatamente dalle imposte sugli alcolici e vieterebbe la vendita di alcolici al di sotto di un determinato prezzo per ogni drink standard, che si valuta sarà attorno a 1,20 dollari australiani. Di fatto nei locali e nei bar il prezzo della birra non cambierà (1,20 dollari è già il prezzo medio di una birra al pub), né quello degli alcolici (tutti costano più di 1,20 dollari) mentre un bicchiere di vino sfuso, che ora costa circa 30 centesimi, quadruplicherà.

La signora Roxon non è nuova a iniziative forti, infatti il mese scorso il suo partito ha messo a punto una nuova proposta di legge antifumo decisamente estrema: tutti i pacchetti di sigarette saranno di uno stesso anonimo colore con il marchio in piccolo ma con grandi foto di polmoni devastati dal cancro o di persone in ospedale attaccate ai respiratori e così via. Di questo passo sarà obbligatorio mettere su una bottiglia di vino la foto di un ubriaco o di un fegato spappolato dalla cirrosi?


 

Brutte notizie per il vino australiano: mentre l’export perde slancio, il mercato interno subisce uno scossone e, nel primo trimestre di quest’anno, l’import di vini italiani e francesi è cresciuto rispettivamente del 23 e del 40 per cento mentre le vendite di vini cileni hanno addirittura raddoppiato di volume. Il tutto a discapito dello stesso vino australiano, la cui vendita è diminuita del 6%, un calo record negli ultimi venti anni.

Molteplici i motivi, tra cui un eccesso di offerta globale di vino che dura da parecchi anni, ma anche il cambio del dollaro australiano, ora molo forte, influenza l’interscambio tra Australia e reso del mondo. Resta ora da vedere se queste cifre rappresentano solo un momento temporaneo o sono l’inizio di una nuova tendenza, considerato che in un solo decennio l’import è già salito dal 3 al 15 per cento del totale delle vendite di vino in Australia.


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