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44 milioni di hl di vino, un calo quindi del 5% circa: è quanto attualmente l’Assoenologi stima la vendemmia 2011 in Italia. L’indagine completa sarà resa nota solo il 4 settembre alla manifestazione Vinovip di Cortina, ma già sul Sole 24 ore di ieri, in una intervista con il direttore generale Giuseppe Martelli, sono stati anticipati alcuni dati.

La qualità resta ottima, il calo di quest’anno è essenzialmente dovuto alle misure di estirpazione dei vigneti e di vendemmia verde: tra il 2007 e il 2010 infatti sono stati cancellati circa 30.000 ettari di superfici vitate, dei quali 11.000 in Puglia, 7.000 in Sicilia, 3.200 in Emilia Romagna, 3.000 in Abruzzi, 1.800 nel Lazio e 1.600 nelle Marche.

‘Ma la possibilità di firmare un millesimo di alto livello – precisa Giuseppe Martelli – è legata all’incognita del clima di settembre: se sarà soleggiato ma fresco e con buoni escursioni termiche notturne, quasi sicuramente si otterranno vini bianchi profumati e rossi ben strutturati’.


Giunta al terzo anno, la campagna di prevenzione all’alcolismo lanciata dall’agenzia inglese Drinkaware (www.drinkaware.co.uk) destina da un totale quinquennale di cento milioni di sterline ben due milioni di sterline per raggiungere attraverso telefonia mobile, internet e social networks ben due milioni e mezzo di giovani del Regno Unito e fornire loro opportuni consigli per un approccio al bere consapevole.

L’uso massiccio della cosiddetta comunicazione digitale per parlare direttamente ai giovani non è l’unica novità di questa campagna di prevenzione, anche il linguaggio utilizzato è quanto mai diretto e immediato affinché giunga chiaro il messaggio dell’importanza di bere responsabilmente e senza eccessi. Da sottolineare poi che il finanziamento di questa campagna non arriva da organismi pubblici o statali ma è sostenuto dalle stesse aziende produttrici di bevande alcoliche.


Migliaia di giovani, in prevalenza inglesi e scandinavi, popolano questa estate le coste bulgare del mar Nero con un solo obiettivo in testa: bere. Grazie ai prezzi stracciati delle bevande alcoliche praticati nei bar e nei locali notturni, un nuovo tipo di turismo si fa largo, una sorta di turismo alcolico che, a richiesta, può completarsi con una adeguata offerta sessuale nei night club della zona.

Tra le autorità e i cittadini bulgari le opinioni sono divise: c’è chi accetta la novità sottolineando la crescita dei fatturati e dei posti di lavoro, mentre c’è chi rimarca il fatto che questo nuovo turismo non è frutto di investimenti locali, ma unicamente dalle mire dei tour operator internazionali, preoccupati solo di riempire aerei, ristoranti e alberghi a qualunque costo.

Vista però da un punto di vista diverso, quello sanitario, questo nuovo tipo di turismo presenta tinte solo negative: non solo sono in crescita, come è facile aspettarsi, i ricoveri per coma etilico oppure semplici fratture dovute a cadute rovinose in preda all’ubriachezza, ma il peggio è che sempre più giovani bulgari esagerano nel bere fino a finire la serata in ospedale, in una sorta di gara etilica con i loro coetanei ospiti.


Anche in Spagna il barometro delle esportazioni volge al bello stabile. Per il primo semestre di quest’anno, poi, le cifre sono quanto mai significative: +29,3% in volume, pari a 10 milioni di hl, contro gli 8 milioni di hl dello stesso periodo dell’anno scorso. In quantità, invece, l’aumento è stato del 19,6% pari a circa un miliardo di euro. In evidenza i vini spumanti e i cava, che crescono del 28,4% in volume e del 22,1% in valore, mentre i vini Doc in bottiglia sono aumentati del 16% in volume e del 18,7% in valore.

Osservando i singoli mercati, si nota che Russia, Italia, Francia e Cina acquistano quasi il 60% di vino da tavola sfuso spagnolo e l’aumento in valore è stato in questo semestre di circa 129 milioni di euro, poco più della metà dei 235 milioni di euro di incremento totale delle esportazioni.


12.500 kg di uva per ettaro, il livello più alto dal 2008, è la resa massima stabilita dal Comité interprofessionel du vin de Champagne per l’imminente vendemmia. Un valore che riflette la previsione di una domanda più elevata, visto che lo scorso anno le vendite globali di Champagne erano salite a 319,5 milioni di bottiglie (+9%) e le previsioni indicano nei prossimi tre anni un aumento ulteriore del 2% ogni anno.

Resta però sul tappeto irrisolto il problema dei prezzi. La recessione di questi anni ha infatti quasi annullato i guadagni di posizione e di fatturato sui principali mercati, al punto che i recuperi ottenuti negli anni scorsi non sono stati sufficienti a tornare al valore record di 4,5 miliardi di euro nel 2007, l’anno prima della crisi. Di conseguenza, le scorte accumulate ammonterebbero ora a quasi 1,2 miliardi di bottiglie, sufficienti per tre anni e mezzo, quando il Comité interprofessionel ritiene l’equilibrio ottimale attorno ai tre anni.


‘C’è in giro più Château Lafite 1982 in Cina di quanto è stato prodotto in Francia’, non è una battuta ma il commento, un po’ amaro, di importatore di vini di Pechino riguardo al crescere incontrollato delle contraffazioni di vino in Cina. È difficile valutare con precisione l’entità del fenomeno, visto che sono interessati alla falsificazione sia bottiglie da dieci euro sia quelle di grande prezzo, ma sicuramente una bottiglia di vino è molto facile da copiare, basta riprodurre l’etichetta e utilizzare vino di poco valore.

I cinesi, infatti, non possiedono una cultura del vino e non sanno distinguere un grand cru da un dozzinale vino da battaglia. Per loro il vino è un modo per praticare una distinzione sociale, un consumo ‘di immagine’ per cui un grande nome e un prezzo elevato sono gli unici parametri per ben figurare nelle occasioni solenni o in quelle più mondane.

Particolare significativo: le falsificazioni riguardano solo il vino rosso perché per i cinesi il vino per definizione è solo rosso, mentre quello bianco è roba da femmine. E allora, per essere sicuro di non bere vino contraffatto, al turista occidentale in visita in Cina non rimane che ordinare vino bianco: al massimo rimedierà qualche occhiata languida e un po’ equivoca del cameriere.


La superficie dei vigneti biologici trentini è passata dal 2009 ad oggi da 118 a 240 ettari: è il dato più significativo diffuso dall’ufficio produzioni biologiche della provincia autonoma di Trento che ha seguito quest’anno con continuità 22 tra aziende che hanno iniziato il percorso di conversione e altre che praticano agricoltura biologica da più anni (erano 10 nel 2009 e 18 nel 2010) per un totale di 44 vigneti (27 nel 2009 e 39 nel 2010).

Il momento positivo che l’agricoltura biologica trentina sta attraversando è stato confermato anche nel corso di un recente incontro tecnico svoltosi all'Istituto Agrario di San Michele all’Adige, dove si è fatto il punto sul nuovo regolamento comunitario per la vinificazione biologica, la cui discussione attraversa una fase di stallo per il mancato accordo tra i vari stati membri sui limiti dell’anidride solforosa. Così anche per quest’anno non sarà possibile utilizzare la dizione ‘vino biologico’ dovendosi limitare ad un più generico ‘vino prodotto con uve da agricoltura biologica’ in quanto i regolamenti attuali disciplinano per ora solo la parte viticola, mentre per quella enologica rimangono solo le autolimitazioni imposte dai singoli enti certificatori.


Un brindisi particolare per la quattordicesima edizione di Calici di stelle, organizzata da Città del vino e dal Movimento turismo del vino, per festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia: un calice tricolore che gli appassionati potranno alzare per un brindisi stasera, nella notte di san Lorenzo, nelle piazze e nelle cantine di tutta Italia, in un appuntamento che coinvolge circa duecento città del vino e che vedono la partecipazione di quasi un milione di persone.

Secondo Chiara Lungarotti, Presidente del Movimento turismo del vino, attraverso manifestazioni come Calici di stelle si punta a stimolare un turismo consapevole verso il mondo del vino, indispensabile per creare interesse e fidelizzare il consumatore, mentre per Giampaolo Pioli, presidente delle Città del vino, serve un gioco di squadra tra pubblico e privato nonostante i tagli alle finanze locali, che non permettono di investire sulla promozione come sarebbe invece necessario, e la mancanza di una regia unica nazionale che razionalizzi le risorse disponibili e che consenta una adeguata promozione soprattutto all’estero, dove il turismo del vino gioca un ruolo strategico.


I mercati dell’Oriente appaiono una sorta di terra promessa per i produttori vinicoli mondiali, in grado di risolvere gli attuali problemi di mercato e di sovrapproduzione. Ma quali carte giocare su questi mercati? Su quale cavallo puntare? L’agenzia inglese WineIntelligence non ha dubbi: la Corea del Sud. È un paese, infatti, in cui i consumatori di vino importato rappresentano attualmente il 40% della popolazione adulta (circa12 milioni di individui) ed essi consumano circa due litri di vino importato pro capite.

Ma, e qui sta la differenza secondo WineIntelligence, per soddisfare i suoi bisogni la Corea del Sud sta orientandosi verso l’import vinicolo e non sulla produzione locale, come ad esempio fanno i paesi consumatori in forte crescita come la Cina o gli Stati Uniti.

Il potenziale che i vini importati hanno in Corea del Sud è confermato anche dal giudizio dei consumatori che mettono in cima alle loro preferenze, in ordine, i vini francesi, australiani, neozelandesi, italiani e cileni. Infine, altro elemento positivo da non trascurare, è l’economia nazionale in crescita, grazie in parte a un forte commercio con la Cina e gli altri mercati asiatici. E l’Europa non sta a guardare: dal 1° luglio scorso è già entrato in vigore un accordo di libero scambio tra Ue e Corea del Sud nel quale, in cambio di una tassazione preferenziale per l’export sudcoreano, si è ottenuta una soppressione dei diritti di dogana per i vini dell’Ue.


Anche nel primo semestre di quest’anno il vino italiano accresce il suo export portandosi, secondo i primi dati provvisori, a +14 per cento in quantità e quasi lo stesso incremento per il valore.

In attesa dei dati ufficiali dell’Istat, che verranno diffusi solo a metà settembre, si ha però comunque chiara la percezione del momento di grande slancio che il vino italiano sta attraversando sui mercati esteri. Da notare poi i risultati dell’export di vino in bottiglia che appare in leggera diminuzione in quantità, mentre invece il suo valore medio è cresciuto del 9%. Bene infine i vini spumanti: +21% in quantità e +22,5% in valore.


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