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Il termine ‘bekömmlich’, cioè sano e facilmente digeribile, non può essere riportato sull’etichetta di un vino. È la conclusione dell’avvocato generale della Corte di giustizia Ue chiamato a pronunciarsi ad una richiesta sollevata dal tribunale amministrativo federale tedesco in merito alla causa in corso tra la cooperativa di viticoltori Deutsches Weintor e il Land Renania-Palatinato. Le autorità tedesche avevano infatti contestato l’utilizzo di tale termine nella presentazione in etichetta e nella pubblicità perché ritenuta una indicazione sulla salute ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 5, del regolamento n. 1924/2006 e quindi vietata per le bevande alcoliche ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, dello stesso regolamento.

La Deutsche Weintor per contro sosteneva che l’uso di tale termine intendeva solo un effetto temporaneo e limitato al periodo necessario per l’assunzione e la digestione dell’alimento, mentre può essere qualificato come indicazione sulla salute solo se si presuppone un effetto benefico finalizzato ad un miglioramento costante dello stato fisico. Ora la questione torna al tribunale amministrativo federale tedesco che dovrà pronunciare la sentenza definitiva.


Giovane, non oltre 35 anni, disposto a spendere fino a 50 euro a bottiglia, interessato a vini più digeribili e leggeri, con meno solfiti e meno alcol. È il profilo di una nuova generazione di consumatori, così come emerso da una ricerca di mercato sul consumo di vino fuori casa presentata durante il 46° Vinitaly. Una nuova generazione di consumatori, quindi, che pone un forte interesse per la salute e che sviluppa nuove abitudini di vita, il cui risultato è quello di ridurre sì ulteriormente il calo dei consumi individuali, ma che parallelamente desidera maggiore informazione sul vino, conoscenza e contatti diretti con i produttori, comportamenti questi ben lontani da trasgressione e binge drinking e che ricercano invece figure guida nei ristoranti e nei wine bar per conoscere vini nuovi e abbinamenti corretti.

Tocca ora ai ristoratori fornire le giuste risposte a queste nuove esigenze e infatti dalla ricerca di mercato Vinitaly-Unicab emerge una chiara disponibilità ad accrescere le proprie conoscenze dirette, visitando sempre più cantine e fiere, a sviluppare serate a tema e di degustazione, a investire in formazione propria e del personale. Per chi vuole approfondire, i risultati della ricerca sono disponibili all’indirizzo https://business.veronafiere.eu/comunicati/doc/unicabFinale.pdf.


Inaugurato ieri il 46° Vinitaly di Verona, il primo ad apertura domenicale, gli occhi di tutti gli addetti ai lavori erano puntati alla cerimonia di apertura dove era atteso un intervento del ministro per la Politiche agricole Mario Catania, un momento che da sempre rappresenta l’occasione per fare il punto sulla situazione del settore.

Dopo avere elogiato gli operatori del settore vitivinicolo ‘perché loro ci sanno indicare la strada per uscire dalla crisi’, il ministro ha affrontato i temi più caldi delle politiche Ue destinate al vino, in primo luogo la abolizione dei diritti di impianto che, secondo il ministro, ‘toglierli è un rischio per la stabilità del territorio e per l’equilibrio di mercato’. Un buon segnale è certamente l’istituzione di un gruppo di lavoro europeo ad alto livello istituito proprio per valutare gli effetti di una deregulation dei diritti di impianto. ‘Non so cosa ne uscirà - ha detto il ministro - ma è importante che si dica no alle liberalizzazioni degli impianti e alla delocalizzazione dei vigneti’.

Per quanto riguarda il capitolo degli aiuti, il ministro Catania ha espresso il suo ‘no’ alla distribuzione a pioggia di finanziamenti comunitari al settore del vino italiano. ‘Sono infatti convinto - ha affermato - che il settore del vino, tra i comparti agricoli quello che vanta il maggior tasso di imprenditorialità, possa utilizzare tali risorse in molto più fruttuoso. Penso in particolare ai sostegni alla ristrutturazione dei vigneti che continuano ad essere utilizzati con successo dalle imprese, consentendo di ammodernare una fetta sempre più consistente del vigneto Italia che in molte aree del paese era obsoleto’.


Dopo un ulteriore aumento delle accise su vino e alcolici nel Regno Unito, da dopodomani infatti una bottiglia di vino costerà 11 pence in più, 3 pence in più per una pinta di birra e 41 pence in più per una bottiglia di alcolici sopra i 37.5°, il governo inglese di David Cameron è intenzionato a contrastare l’abuso di alcolici, dopo che la Scozia ha già varato misure restrittive in questo campo, introducendo dal 1° gennaio 2014 un prezzo minimo obbligatorio di 40 pence per unità alcolica ovvero per ogni grado percentuale di alcol contenuto in una bevanda venduta nei supermercati.

Per il governo inglese, infatti, i costi economici e sociali dell’abuso di alcol sono ritenuti un problema primario e, a sostegno della sua iniziativa, ha diffuso anche dei grafici sul consumo di alcol nel Regno Unito che dimostrerebbero come il rapporto tra il prezzo delle bevande alcoliche e il loro consumo sia inversamente proporzionale.

Il quotidiano inglese DailyTelegraph ha calcolato l’impatto delle nuove norme sui prezzi al consumo: il prezzo minimo di una bottiglia di vino è destinato ad aumentare di 3,60 sterline (4,30 euro), una singola lattina di birra costerà almeno 80 pence (0,95 euro), mentre occorreranno dalle 10,40 alle 11,20 sterline (12,45 -13,40 euro) per acquistare un qualsiasi superalcolico.

Favorevole il mondo medico, quello accademico e le forze dell’ordine, l’opinione pubblica manifesta invece perplessità se non parere contrario e, secondo un sondaggio on line dello stesso quotidiano, il 70% degli inglesi si esprime negativamente affermando che tali misure porteranno i bevitori più responsabili ad avere maggiori difficoltà economiche.


Il Consorzio vino nobile di Montepulciano e il Consorzio tutela vini d'Abruzzo hanno firmato ieri presso il ministero delle Politiche agricole un protocollo d'intesa per la protezione e la corretta informazione sulle due denominazioni legate alla menzione Montepulciano. Negli ultimi anni era infatti emersa chiaramente la necessità di intervenire direttamente per garantire l'utilizzo del termine Montepulciano senza recare pregiudizio a nessuna delle due denominazioni e, conseguentemente, assicurando ad entrambe una proficua coesistenza sul mercato.

I due Consorzi si impegnano inoltre ad intraprendere iniziative che valorizzino la corretta identificabilità dei due vini ed in particolare dei rispettivi territori di origine per una informazione che vada a identificare e distinguere correttamente i due prodotti. Per questo scopo è prevista la costituzione di un comitato paritetico permanente di monitoraggio dei mercati e della comunicazione.


L’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ex Ice) informa che, nell’ambito delle attività promozionali previste per il 2012 in favore del vino italiano, verranno organizzate una collettiva italiana alla London International Wine & Spirits Fair e la 30° edizione della Borsa dei vini italiani prevista a Varsavia e a Praga.

L’iniziativa londinese si svolgerà dal 22 al 24 maggio 2012 in stretta collaborazione con l’ufficio Ice di Londra che provvederà ad invitare all’evento le categorie del settore commerciale: importatori, buyers, ristoratori, sommeliers, rappresentanti della stampa specializzata e opinion leaders. All’interno dell’area riservata alla collettiva, di circa 140 metri quadri, sarà presente un centro servizi presso il quale opererà per tutto il periodo della manifestazione, personale incaricato di svolgere attività di organizzazione e assistenza degli espositori. Il costo di partecipazione è di euro 3.500,00 + Iva se dovuta.

La 30° Borsa dei vini italiani si terrà invece a Varsavia il 29 maggio e a Praga il 31 maggio. In Polonia l’Italia si colloca al terzo posto tra i paesi fornitori di vino, registrando, nel periodo gennaio-settembre 2011, un +16% in termini di valore, rispetto allo stesso periodo del 2010, mentre nella Repubblica Ceca l’Italia si colloca al primo posto come paese esportatore di vino, detenendo una quota di mercato pari al 31%, registrando un aumento delle esportazioni, in termini di valore del 3% nel 2011.

Gli uffici di Varsavia e Praga provvederanno ad invitare all’evento le categorie del settore commerciale provenienti anche da mercati limitrofi: Paesi Baltici, Slovacchia, Ungheria. Il costo di partecipazione per ciascuna tappa è di euro 1.000,00 + Iva se dovuta, per azienda e per tavolo. L’adesione all’iniziativa può essere disgiunta. Per ulteriori informazioni inviare una email a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..


Per il secondo anno consecutivo, l’export dei vini di Bordeaux ha registrato un nuovo record dovuto in gran parte dai paesi terzi, che per la prima volta oltrepassano il miliardo di euro e il milione di hl raggiungendo quota 1,29 miliardi di euro (+39%) e 1,18 milioni di hl (+35%). Hong Kong e Cina rimangono i principali mercati, in particolare il primo è indicato come il leader in valore, con 348 milioni.

Merita segnalazione però la ripresa delle spedizioni verso i paesi dell'Unione europea, che ha avuto inizio nel 2010 ed è stata confermata nel 2011: 979.000 hl (+ 10%) in quantità e 672 milioni di euro (+15%) in valore. Più in dettaglio: +4% in Germania (275 000 hl), +9% in Belgio (241.000 hl) e +7% nel Regno Unito (222.000 hl) mentre i Paesi Bassi e la Danimarca risultano più statici con, rispettivamente, +2% a 66.000 hl e -2% a 25.000 hl.


Ormai è definitivo: nel 2011 l’export vinicolo italiano ha superato i 24 milioni di hl (+9%) per un valore di oltre 4,4 miliardi di euro (+12%). Sono le cifre ufficiali rese note ieri dall’Istat che fotografano una situazione sicuramente rosea per l’Italia che però è condivisa anche in tutta la Vecchia Europa: ricordiamo infatti che nello scorso anno la Francia ha dichiarato un export di 13,26 milioni di hl (+1,8%) e un valore di quasi 7 miliardi di euro (+11,9%), mentre la Spagna ha esportato 22,3 milioni di hl (+16,7%) pari a 2,24 miliardi di euro (-7,6%).

Germania, Regno Unito e Stati Uniti sono i primi tre paesi, con 716.000, 338.600 e 297.300 hl in quantità, mentre in termini di valore il primo paese diventa gli Stati Uniti, seguita da Germania e Regno Unito, rispettivamente con 948, 919 e 509 milioni di euro. Passando alle singole regioni italiane, il 30% circa dell’export italiano proveniva dal Veneto (1,3 miliardi di euro) seguita dal Piemonte con quasi 900 milioni e dalla Toscana, con 659 milioni. Nel Centro Sud tre regioni, Abruzzi, Puglia e Sicilia, realizzano un export di circa 100 milioni di euro ciascuna.


Un interessante studio sugli impatti socio-economici e territoriali della liberalizzazione dei diritti di impianto in viticoltura, commissionato dall’Arev, l’Assemblea delle regioni viticole europee, è stato presentato giorni addietro a Bruxelles ed è ora disponibile sul sito http://arev.org/spip.php?article2227 tradotto nelle principali lingue. Lo studio, effettuato dal professor Etienne Montaigne, ricercatore e amministratore scientifico dell’Istituto agronomico mediterraneo di Montpellier e dalla sua équipe, analizza in dettaglio i differenti meccanismi di funzionamento o di disfunzione del regime dei diritti di impianto in vari Paesi europei, dell’Australia e del Sud America, procedendo poi alla verifica degli argomenti avanzati dalla Commissione europea intenzionata a mettere fine a questo regime nel 2015 o 2018.

Lo studio mostra che l’assenza di un qualsiasi sistema di regolazione dei diritti di impianto non ha permesso in passato di evitare gli squilibri di mercato così come la sua adozione con eccessivo lassismo non ha evitato la sovrapproduzione con spesso reazioni a catena negative sulle regioni virtuose. Inoltre altri paesi, come l’Argnetina, che hanno eliminato questo sistema per l’incapacità di far rispettare le regole, hanno poi dovuto mettere in atto altri meccanismi di regolazione del mercato. Infine lo studio ha dimostrato che l’attuale sistema dei diritti di impianto non ha irrigidito il vigneto, ha bensì permesso nuove allocazioni nelle regioni in cui gli sbocchi sembravano in crescita, mentre il prezzo di questi diritti di impianto non aggrava significativamente il costo della creazione di un vigneto.


Secondo i dati doganali analizzati dall’Oemv, l’Osservatorio spagnolo del mercato del vino, l’export di vino in Spagna è cresciuto in volume del 26,3%, pari a 22,3 milioni di hl rispetto a 17,7 milioni di hl dell'anno precedente. In termini di valore la crescita è stata del 16,7% a 2,24 miliardi di euro. Il prezzo medio è invece sceso del 7,6%.

In forte crescita la richiesta di vino sfuso senza denominazione, con 11,6 milioni di hl (+43,2%) e 386,7 milioni di euro (+52,9%) la cui principale destinazione è la Francia con 3,8 milioni di hl (+35%) seguita dalla Germania con 1,35 milioni di hl (+33%) e dall’Italia con 1,18 milioni di hl (+183%).

Molto bene anche i vini Doc imbottigliati con 3,13 milioni di hl (+18,3%) e 925,6 milioni di euro in valore (+15,8%) e gli spumanti (Cava) con 1,58 milioni di hl (+16,2%) e 392,3 milioni di euro in valore (+8,9%). Principali destinazioni: Nord America, tra cui Stati Uniti, Canada e Messico, e molte destinazioni europee, come Germania e Regno Unito.


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