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Il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali con circolare n. 16991 del 25 luglio scorso ha fornito un importante chiarimento sulla corretta applicazione della vigente normativa comunitaria (reg. Ce n. 1234/07, art. 118 ter, par. 1, lett. b), ii) – reg. Ce n. 607/09, art. 6) e nazionale in materia di vini Igp (D.L.vo n. 61/2010), relativa alla possibilità di utilizzare per il taglio di vini Igt (o destinati a divenire tali) uve raccolte fuori dalla zona di produzione delimitata dal disciplinare della specifica Igt, nel limite massimo del 15%.

L’utilizzo di prodotti fuori zona può essere effettuato in una qualsiasi fase di elaborazione (iniziale, intermedia e finale) quale assemblaggio delle frazioni di partita (massimo 15% fuori zona - minimo 85% zona di produzione) che concorrono alla costituzione della partita finale (da certificare ai fini dell’immissione al consumo). Ai sensi dell’art. 6, par. 2 del Reg. Ce n. 607/2009, la provenienza dei prodotti fuori zona (al massimo 15%) deve essere di ambito nazionale. In ogni caso, la possibilità di espletare questa pratica non esclude la previsione di misure più restrittive nell’ambito degli specifici disciplinari di produzione quando espressamente previsti.

Nelle tipologie qualificate con il nome di un vitigno, al fine di garantire la tracciabilità delle produzioni e i controlli di filiera (conformemente alla specifica disciplina per le Igp di cui agli articoli 25 e 26 del reg. Ce n. 607/09 e all’art. 13 del D. L.vo n. 61/2010), l’utilizzo dei prodotti fuori zona è da escludere per le partite che già sono state oggetto di taglio o assemblaggio (nel limite del 15%) con prodotti derivanti da uve di altre varietà di vite coltivate nella zona di produzione delimitata. Ciò al fine di assicurare che, conformemente al parere espresso dal Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione dei vini in data 20 luglio 2011, ‘per i vini a Igt qualificati con il nome di un vitigno le partite di vino - risultanti dal taglio e come tali pronte per l’immissione al consumo - devono essere ottenute per almeno l’85% da uve del corrispondente vitigno prodotte nella zona di produzione delimitata della relativa Igt’.

Ai fini di assicurare la tracciabilità delle partite, nei documenti di trasporto e nei registri di cantina devono essere riportati gli elementi fondamentali che caratterizzano le specifiche tipologie Igt che si intendono ottenere a seguito dell’operazione di taglio. Infine, a seguito del taglio in questione, è possibile indicare l’annata di vendemmia delle uve purché almeno l’85% delle uve utilizzate sia stato vendemmiato in tale annata e purché si rispettino le limitazioni di cui ai punti precedenti.


Il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali con circolare n. 16926 del 24 luglio 2012 ha diramato ulteriori chiarimenti in merito alla dolcificazione di partite di vino Dop certificate. In precedenza la comunicazione ministeriale n. 10620 del 10 maggio 2012, in risposta a un quesito sulla dolcificazione di partite di vino Dop certificate, aveva comunicato che, fatte salve le misure più restrittive previste dagli specifici disciplinari, la vigente normativa nazionale e comunitaria in materia di vini Dop consente la possibilità di effettuare tale pratica per le partite di vino Dop già certificate. La dolcificazione deve essere effettuata nella zona geografica in cui è stato elaborato il vino o in una zona situata nelle immediate vicinanze (ovvero nella zona di vinificazione delimitata all’articolo 5 dei relativi disciplinari di produzione). La pratica della dolcificazione comporta la variazione delle caratteristiche chimico‐fisiche e organolettiche dei relativi vini, e la partita ottenuta dopo la dolcificazione deve comunque ad uno dei tipi di prodotto in base al tenore zuccherino residuo indicato dallo specifico disciplinare.

Il ministero ha fornito ulteriori chiarimenti in merito alle modalità per l’esecuzione della pratica, in particolare, sull’obbligo di sottoporre la partita dopo la dolcificazione a un nuovo esame organolettico, specificando che questo esame deve essere ripetuto soltanto nel caso in cui la dolcificazione sia tale da determinare il passaggio ad altro tipo di prodotto (in relazione al tenore zuccherino residuo, secondo i limiti stabiliti dalla vigente normativa). L’esame organolettico deve essere invece ripetuto nel caso in cui la dolcificazione determini una variazione della tipologia del prodotto, passando da amabile, ad esempio, a dolce l’esame.

Confermata la possibilità per i produttori, esclusivamente per gli esami chimico‐fisici, di usare la procedura di autocertificazione prevista dall’art. 2, comma 2, del Dm 11.11.2011 per gli assemblaggi delle partite certificate. L’autocertificazione della partita derivante dalla dolcificazione deve essere fornita dal detentore alla struttura di controllo competente entro tre giorni lavorativi dalla data della pratica di dolcificazione e deve attestare per la partita stessa i parametri chimico‐fisici stabiliti dall’articolo 26 del regolamento 607/09 e quelli previsti dallo specifico disciplinare di produzione.


La produzione mondiale di spumante rappresenta il 7% della produzione totale di vino (5% nel 2002) pari a 18,5 milioni di hl o a 2,5 miliardi di bottiglie, un livello in significativo aumento, circa il 10%, mentre la produzione totale mondiale di vino è in diminuzione. Questa produzione è per il 65% della Francia (640 milioni di bottiglie nel 2010, la metà di Champagne), seguono Italia (380 di cui un quarto Prosecco), Germania (330) e Spagna (220). Al di fuori dell'Europa, solo il Cile (253 milioni di bottiglie) ha una produzione paragonabile alla Spagna. Sono i dati più significativi elaborati da France AgriMer in una inchiesta sul mercato mondiale dei vini spumanti che confermano la Germania al primo posto sia nei consumi (490 milioni di bottiglie), davanti alla Francia (460 milioni di bottiglie), sia nelle importazioni.

Francia, Italia e Spagna rappresentano l’80% del totale dell’export, ma negli ultimi dieci anni la ripartizione tra questi paesi è cambiata a favore dell’Italia, che ora è il principale paese esportatore con circa 2 milioni di hl, il 34% del mercato in quantità e il 14% in valore. La Francia invece dal 33% del mercato di dieci anni fa è scesa al 19%, ma la quota in valore resta ancora molto elevato (59% contro il 67% nel 2001) in particolare attraverso lo Champagne, che rappresenta il 92% del valore dell’export francese.


Nell’imminenza dell’entrata in vigore delle nuove norme comunitarie sui vini biologici, l’Institut national de l’origine et de la qualité (Inao) ha pubblicato una guida alla lettura del regolamento esecutivo 203/2012.

La guida ricorda le pratiche enologiche espressamente vietate: concentrazione parziale a freddo, eliminazione dell'anidride solforosa con procedimenti fisici, dealcolizzazione parziale del vino, stabilizzazione tartarica per elettrodialisi e l’uso di scambiatori di cationi. Altre pratiche sono invece soggette a restrizioni: i trattamenti termici solo se a temperature inferiori a 70°, centrifugazione e filtrazione solo con grado di filtrazione inferiore a 0,2 micron. I livelli massimi di anidride solforosa vanno da 100 a 170 mg/l per i vini rossi e da 150 a 220 mg/l per i bianchi e i rosati, mentre per i vini Dop e Igp tra i 300 e i 400 mg/l per essere bio non dovranno superare rispettivamente 270 e 370 mg/l.

La guida ricorda infine che il nuovo regolamento sul vino biologico si applica anche ai succhi d'uva, al mosto d'uva (Mc e Mcr), agli aceti di vino, alle fecce e alle vinacce. Il succo d'uva non destinato alla vinificazione non è dunque interessato da questo regolamento.


L’istituto interprofessionale dei vini di Porto (Ivdp) ha fissato la produzione di quest’anno a 671 000 hl. Questa decisione dimostra le intenzioni di tutta la interprofessione di riequilibrare le giacenze mentre la strategia della riduzione dell'offerta dovrebbe portare ad un aumento controllato dei prezzi. Poiché le vendite di Porto nel 2012 sono stimate a 825 000 hl, un valore invariato rispetto al 2011, la produzione dell’anno in corso rappresenterebbe l’81,3% del prodotto vendibile. Nonostante una produzione nello scorso anno di appena 591 000 hl, le giacenze di vini Porto pesano quindi ancora sui mercati.


Per la prima volta in molti anni, il Sudafrica esporta più vini sfusi che imbottigliati: nel primo semestre 2012, infatti, i primi sono cresciuti del 31% mentre i secondi sono scesi del 9%. Lo riferisce l’associazione dei produttori Wines of South Africa, che comunque sottolinea i buoni risultati ottenuti dai vini imbottigliati in numerosi Paesi come in Germania (+5%), Canada (+16%), Finlandia (+8%), Giappone (+21%) e Russia (+41%).

Le esportazioni di vini sudafricani stanno attraversando da alcuni anni una fase di contrazione: dal 2008, anno record con quasi 4,1 milioni di hl di vini tranquilli esportati, si è scesi a 3,7 milioni di hl nel 2010 e 3,5 nel 2011. In particolare si segnala negli anni la discesa dell’imbottigliato e l’aumento del vino sfuso, 2,2 milioni di hl contro 1,5 nel 2010, 1,8 milioni di hl contro 1,7 lo scorso anno fino al sorpasso odierno.


Per la prima volta, ieri, un gruppo di alcuni famosi produttori vinicoli italiani assieme a Veronafiere è stata ricevuta nella sede del Congresso degli Stati Uniti, a Washington. Ad accogliere la delegazione, formata da Banfi, Allegrini, Terredora, Ferrari, Zonin e Giv e introdotta dall’ambasciatore italiano Claudio Bisognero, i duecento membri del congresso che costituiscono la Wine Caucus, la commissione che si occupa dei regolamenti federali sul mercato del vino, guidata dal suo presidente e fondatore Mike Thompson.

Nel corso dell’incontro si è discusso in particolare dell’evoluzione del comparto vinicolo statunitense, fortemente influenzato dal prodotto italiano che costituisce un terzo delle importazioni totali in quantità e in valore. Nel 2011, verso gli Stati Uniti sono stati esportati 2,5 milioni di hl di vino italiano (+13%), per un valore di 1 miliardo e 248 milioni di dollari, in crescita del 16% sull’anno precedente.


Moët Hennessy ha dovuto ritirare in Gran Bretagna alcuni lotti del suo Champagne Krug perché mancanti dell’avviso in etichetta della presenza di solfiti, così come richiesto dai regolamenti comunitari. A seguito di ciò, la Food Standards Agency ha emesso un comunicato per avvisare del fatto i consumatori allergici o intolleranti ai solfiti. La maggior parte delle bottiglie ritirate ha un prezzo di vendita di parecchie centinaia di euro e sono tutte bottiglie millesimate tra il 1998 e il 2000, anni in cui l’obbligo di evidenziare in etichetta la presenza di solfiti non era ancora in vigore. La mancanza quindi consiste nel non avere aggiunto alla bottiglia una seconda etichetta con le indicazioni obbligatorie di legge sui solfiti, oppure invece le bottiglie in questione sono passate per un paese extraeuropeo, dove non esiste l’obbligo di questa etichetta, e da lì importate in Gran Bretagna.

È un episodio fortunatamente circoscritto, ma il fatto che sia avvenuto dopo parecchi anni dall’entrata in vigore della normativa sulla indicazione in etichetta dei solfiti, era il 2005, induce a prestare maggiore attenzione al momento dell’imbottigliamento, proprio ora che è appena entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta anche i derivati del latte e dell’uovo.


A partire dal 1° luglio in Russia tutti i vini dolci e semi dolci sono passati dalla categoria dei vini naturali a quella delle bevande a base di vino. Questo cambiamento mette in serie difficoltà i produttori russi perché obbligati a richiedere nuove licenze, registrare di nuovo i propri prodotti e poi acquistare e incollare sulle bottiglie i nuovi bolli di accise. Nel frattempo le aziende rimarranno sostanzialmente ferme.

Questo cambiamento di classificazione è una vera e propria ‘rivoluzione’ per il mercato russo: i vini dolci e semi dolci di importazione potranno invece conservare la precedente denominazione, pertanto è facile prevedere che le aziende vinicole straniere occuperanno senza difficoltà tutto il segmento di mercato a scapito della produzione nazionale e di conseguenza i prezzi certamente cresceranno. Le autorità russe hanno adottato questi cambiamenti nell’intento di spingere a migliorare la qualità di questi prodotti, ma giova ricordare che nei consumatori russi rimane radicata la convinzione che una bevanda a base di vino sia un prodotto di scarsissima qualità, consumato dalle fasce più basse della popolazione in cerca di ubriacature a prezzo minore della Vodka.


Dall’inizio della campagna 2011/12 sono stati commercializzati in Francia nella grande distribuzione ben 6,6 milioni di hl di vini tranquilli, con un controvalore di 2,6 miliardi di euro, vale a dire un aumento dello 0,7% in volume e dell’8,8% in valore rispetto alla media delle ultime cinque campagne. Il prezzo medio è quindi stato di 3,92 euro al litro, un aumento dell’8%. Si osserva inoltre una crescita dei vini rosati e bianchi, rispettivamente +20,9% e +2,2%, mentre i vini rossi sono calati del 6,1%. In crescita infine i vini a Igp (+9,6%) a scapito dei Dop (-1,5%) sempre rispetto alla media quinquennale.


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