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Da una ricerca di mercato della IWSR, International Wine and Spirits Research, e commissionata da Vinexpo, la Cina è diventato il primo Paese al mondo per consumi di vino rosso, superando così Francia e Italia. Nel 2013, secondo IWSR, i cinesi hanno consumato 155 milioni di casse di vino rosso da 9 litri, contro 150 milioni di casse in Francia e 141 in Italia; tradotto in percentuale, +136% in cinque anni per la Cina mentre nello stesso periodo si registra un calo del 5,8% in Italia e del 18% in Francia.

Vista però la grande differenza nel numero di abitanti tra i Paesi interessati e quindi del relativo consumo pro capite, la notizia del sorpasso cinese perde un po’ in incisività. Resta comunque molto alto l’interesse che il vino ottiene in Cina da una decina di anni in qua e che la recente questione dei dazi antidumping sembra avere solo scalfito.


Con il valore del peso ormai in caduta libera, vale a dire un calo del 25% rispetto al dollaro in poco più di due mesi, e una inflazione quasi senza controllo, l’economia argentina sembra pericolosamente vicina a ripetere il default del 2002. Ma la debolezza del peso potrebbe invece dare una mano alle esportazioni e in particolare quelle di vino, visto che gli Stati Uniti da soli rappresentano la metà circa delle spedizioni di vini argentini. La forte svalutazione del peso, infatti, dà slancio soprattutto ai prodotti a basso valore aggiunto, come il succo di uve concentrato e il vino sfuso, mentre per i prodotti a maggior valore aggiunto, come il vino imbottigliato, il vantaggio è meno marcato perché alcuni componenti dei costi sono soggetti a svalutazione.

Alle parole di speranza dei produttori argentini fanno eco però le voci degli economisti, che rammentano come i vantaggi dovuti da una svalutazione si esauriscono in breve tempo perché una moneta nazionale debole può portare a una inflazione interna ancora maggiore con un conseguente aumento dei costi di produzione, già duramente provati nel recente passato: negli ultimi quattro anni, infatti, inflazione, restrizioni commerciali e burocrazia crescente hanno di fatto raddoppiato i costi di produzione delle cantine argentine. Occorrerebbe uno slancio comune per non perdere questa opportunità per l’export vinicolo, coordinata magari dal governo centrale, ma il 2015 è per l’Argentina l’anno delle elezioni presidenziali e la campagna elettorale è già iniziata...


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Con l’intento dichiarato di volere essere la prima fiera sul vino dedicata esclusivamente al business diretto, a Roma dal 12 al 14 novembre prossimi aprirà i battenti Vinoforum Trade. Questa nuova fiera, grazie alla collaborazione tra Vinoforum, Fiere Roma e Dnc Eventi & comunicazione, ha l’obiettivo di essere una basilare piattaforma espositiva con la quale mettere in contatto diretto le case vinicole italiane con un selezionato numero di buyer nazionali e internazionali. Vinoforum Trade vuole offrire nuove opportunità di mercato a grandi, medie e piccole aziende vinicole attraverso una agenda di incontri differenziata secondo le esigenze particolari di ogni realtà produttiva, il tutto senza dimenticare di consolidare la presenza del vino italiano di qualità sia nei paesi più tradizionali sia in quelli emergenti.

Sul sito www.vinoforumtrade.com si potranno trovare ulteriori informazioni e le modalità di contatto per questa nuova realtà espositiva.


L’export di vino australiano nel 2013 è sceso a causa della debole domanda dei consumatori dei principali mercati acquirenti, in particolare Regno Unito e Stati Uniti, mentre le misure di austerità adottate dal governo cinese hanno portato al primo calo dell’export di vino in bottiglia dal 2000. In dettaglio, l’Australia ha esportato 6,78 milioni di hl nel 2013 , il 6% in meno rispetto al 2012. In valore, le esportazioni sono scese a 1,76 miliardi di dollari australiani (1,12 miliardi di euro) contro 1,85 miliardi di dollari australiani (1,18 miliardi di euro) nell’anno precedente. Alcune note positive vengono dal Canada, il terzo mercato per il vino australiano, dove l’imbottigliato ha registrato un +7% in quantità e +1% in valore medio. Nel complesso il prezzo del vino in bottiglia è aumentato del 3% in totale.


 

L’80% delle sanzioni comminate alle imprese vitivinicole ha per oggetto le etichette, inoltre sovente avvengono interpretazioni diverse sulla loro conformità a seconda del soggetto che esegue i suddetti controlli. Ecco quindi che la Fivi, la federazione vignaioli indipendenti, ha preso carta e penna e ha scritto una lettera aperta al ministro De Girolamo chiedendo l’istituzione di un ufficio unico che certifichi e autorizzi le etichette prima della loro stampa.

Questa iniziativa, affermano alla Fivi, segue quella del 2012 denominata Dossier burocrazia e rappresenta un passo concreto verso una chiarezza normativa che consenta alle imprese di agire in modo corretto risparmiando così energie e risorse economiche. Uffici analoghi per la certificazione e l’autorizzazione delle etichette, ricordano alla Fivi, esistono già in altri Paesi, per esempio negli Stati Uniti dove, per l’importazione dei vini, le etichette devono essere tutte preventivamente approvate.


Bitcoin è una moneta elettronica virtuale creata nel 2009 che, a differenza della moneta utilizzata da una nazione, non è emessa da una banca centrale e quindi è impossibile controllarne il valore da parte di un governo. Il suo prezzo è quindi legato solo al suo utilizzo, senza alcuna relazione con l’economia reale o con le volontà delle banche. Il fenomeno bitcoin anno dopo anno cresce senza sosta: attualmente l’economia legata al bitcoin ha raggiunto un controvalore di 6 miliardi di dollari statunitensi, una frazione ancora piccola rispetto all’intero sistema monetario mondiale, ma la sua crescita è molto spiccata e sempre più transazioni commerciali vengono eseguite in bitcoin, sia per servizi online sia per beni tangibili.

Anche il mondo del vino non è rimasto fuori da questa novità: la Rollingdale Winery nella Columbia Britannica (Canada) è la prima casa vinicola di tutto il Nord America ad accettare bitcoin per vendere i suoi vini seguita dalla californiana Mondo Cellars mentre la Picnic Wine Company della Napa Valley lo farà entro il prossimo aprile. Nell’emisfero Sud, invece, è la Pyramid Valley Vineyards ad essere la prima casa vinicola neozelandese ad accettare bitcoin, liberandosi così dalle costose spese di transazione e da ogni fluttuazione dei tassi di cambio. Caine Thompson, l’amministratore delegato della Pyramid Valley, ha recentemente dichiarato alla stampa che nello scorso periodo natalizio il 9% degli acquisti on line è stato effettuato con i bitcoin, un risultato promettente. A quando la prima casa vinicola italiana?


L’export vinicolo del Sudafrica è cresciuto dal 2012 al 2013 da 4,17 milioni di hl a 5,26. Il regno Unito rimane il maggiore mercato con circa 1,1 milioni di hl, mentre la Germania cresce del 24% raggiungendo 965.000 hl. Gli Stati Uniti registrano la crescita maggiore, +37% rispetto al 2012.

Le cause di questo exploit sono numerose e concomitanti: nel Regno Unito, in particolare, i buyer delle principali catene di distribuzione hanno proceduto a grossi acquisti di vino sudafricano in quanto maggiormente competitivo di quello neozelandese, in particolare per quanto riguarda il Sauvignon Blanc. Incisiva poi per tutti è stata la vendemmia scarsa di alcuni paesi europei, a differenza di quella sudafricana. Infine non va sottovalutato il cambio attuale del rand, la valuta sudafricana, la cui debolezza è di grande aiuto per l’export.


Ristoranti, bar e bistrot dei negozi Ikea di tutta Italia venderanno i vini, imbottigliati o sfusi da consumare sul posto, della associazione Vino Libero, creata da Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, e che riunisce dodici cantine vinicole di otto diverse regioni italiane. Per la prima volta, quindi, Ikea Food, che nell’ultimo anno ha contato circa 15.700.000 clienti, stipula un accordo in esclusiva con un solo marchio, in passato ogni negozio Ikea italiano si serviva di fornitori locali.

‘Ikea Italia sostiene da anni le imprese agricole italiane che producono prodotti alimentari con processi tesi a salvaguardare l’ambiente’, afferma Dino Maldera, Country Ikea Food Manager per l’Italia. ‘La collaborazione con Vino Libero va in questa direzione, con l’ambizione di essere anche un progetto divulgativo che sostiene un consumo più sostenibile da parte della maggioranza delle persone di prodotti sani, sicuri, controllati’.


Cabernet Sauvignon e Merlot sono i vitigni più diffusi nel mondo che dal 1990 ad oggi hanno più che raddoppiato la loro diffusione. Lo afferma uno studio dell’Università di Adelaide (Australia), finanziato dalla Grape and Wine Research Development Corporation, che ha analizzato lo stato della viticultura di 44 Paesi produttori con 521 regioni di produzione alla ricerca di quali varietà di viti vengono coltivate nel mondo e dove. E dopo Cabernet Sauvignon (290.000 ha in tutto il mondo) e Merlot (267.000 ha) seguono in classifica lo spagnolo Airen, il Tempranillo e lo Chardonnay. Diversa la situazione in Italia: un vitigno, il Sangiovese, si stacca da tutti gli altri guidando la classifica con quasi 72.000 ha, più del doppio di Montepulciano e di Catarratto Bianco. A seguire Merlot, Trebbiano Toscano, Barbera, Chardonnay, Prosecco, Pinot Gris e Nero d’Avola.


Vinexpo desidera consolidare la sua presenza in Asia e nel Pacifico organizzando la prima edizione di Vinexpo Nippon. La fiera, pensata espressamente per gli operatori professionali del vino che lavorano sul mercato giapponese, si terrà l’1 e il 2 novembre prossimi al Prince Park Tower di Tokyo. L’obiettivo è di rendere il più semplice possibile per gli espositori la propria partecipazione ‘chiavi in mano’ con stand, servizi personalizzati. Gli espositori potranno quindi scegliere di essere presenti con il proprio nome o apparire sotto quello dei loro importatori. La fiera beneficerà del sostegno di una decina di importatori giapponesi di vini e alcolici che promuoveranno la manifestazione in tutta la nazione.


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