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Solitamente WineActs tralascia di pubblicare notizie figlie del gossip più puro o più semplicemente frivole o curiose, ma questa le batte tutte. Nel tentativo, si spera, di conquistare nuovi mercati per il vino, la nota azienda inglese specializzata nel commercio di vini, la Laithwaite’s Wine, ha pubblicato la prima guida al mondo per abbinare gli insetti con il vino più opportuno. È risaputo, infatti, che in parecchi paesi dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa molti insetti fanno quotidianamente parte della dieta di quelle popolazioni a causa del loro elevato contenuto di proteine. Ecco quindi la giusta guida per gli emergenti gourmand di fuori Europa contenente una decina di vini di taglio internazionale da abbinare col giusto bacarozzo: vermi di terra con Viognier, cavallette con Moscatel, grilli con Albariño e così via.

Non è una sorpresa notare che il vino può integrare i sapori distintivi degli insetti, hanno spiegato a Laithwaite’s Wine, se si considera che molte delle parole usate per descrivere l’aroma di un vino, terroso, erbaceo, floreale, possono essere anche usate per descrivere gli habitat dove gli insetti vivono. Sarà. Chi possiede ancora un supplemento di curiosità può andare alla pagina di The Drinks Business per sapere di più sugli abbinamenti. E come diceva il poeta Orazio: nunc est bibendum.


La presidentessa del Fronte nazionale francese, Marine Le Pen, ha espresso la scorsa settimana ad una assemblea di viticoltori della Nièvre la volontà di abrogare la legge Évin ‘la cui efficienza è apri a zero’, ha affermato. Secondo Marine Le Pen il consumo di vino in Francia è diminuito molto probabilmente a causa delle leggi in materia di sicurezza stradale, mentre l’aumento dei consumi di birra e alcolici dimostra l’inutilità di questa legge. Se i vini francesi, prosegue la presidentessa, stanno vivendo un ‘successo magistrale’, questo è dovuto a due differenze importanti: un mercato interno molto bene difeso e delle norme molto precise che garantiscono ai consumatori una tracciabilità perfetta e la conformità con i migliori metodi di produzione.


Uno dei metodi più antichi per la conservazione del vino, in uso fin dai tempi della Magna Grecia: parliamo delle giare di terracotta che questo fine settimana si presentano alla ribalta con la 1° convention internazionale dal titolo ‘La Terracotta e il vino, esperienze di vinificazione e affinamento dal mondo’ presso la Fornace Agresti a Impruneta (Firenze). Momento centrale della due giorni è stato il convegno tecnico di sabato 22 sull’uso della terracotta in enologia, dove si sono confrontate le esperienze di produttori italiani e stranieri che utilizzano giare in terracotta, relatori il prof. Giorgi Barisashvili dell’Università di Agraria di Tblisi (Georgia), il Prof. Christophe Caillaud, direttore del Museo Gallo-Romano di Saint-Romain-en-Gal di Vienne (Francia) e il Prof. Antonio Tirelli dell'Università di Milano. Non sono poi mancate nei due giorni della convention alcune degustazioni guidate, dove è stata presentata una selezione di vini italiani e stranieri fermentati e affinati in giare di terracotta.


Il commercio al dettaglio indipendente nel Regno Unito di vino non sembra conoscere crisi e, forte di un mercato che vale circa 500 milioni di sterline, interessa una rete di 750 punti vendita, in crescita del 50% dal 2007. Lo rivela un rapporto di Wine Intelligence che, in collaborazione con la rivista The Wine Merchant, analizza un segmento di mercato, non dissimile dalle nostre enoteche, che trova il favore del 13% dei consumatori britannici. Il 55% di loro, infatti, afferma di valutare positivamente la gamma di vini in offerta, mentre il 39% apprezza i consigli del personale di vendita e il 37% ritiene corretto il rapporto prezzo / qualità del negozio. Da non trascurare poi il piacere di potere provare il vino prima di acquistarlo.

Secondo Richard Halstead, amministratore delegato di Wine Intelligence, ci sono ancora sfide da superare, come attirare di più la clientela femminile oppure mutare l’opinione ancora comune che il vino sia un prodotto troppo caro, ma il settore del commercio al dettaglio indipendente ha saputo resistere a questi tempi di crisi e conserva intatto le sue ulteriori potenzialità di crescita.


In occasione del 37° congresso mondiale dell'Oiv, svoltosi a Mendoza (Argentina) dal 9 al 14 novembre scorso, il direttore generale dell'Oiv, Jean-Marie Aurand, ha presentato il consueto bilancio generale sulla situazione vitivinicola mondiale. Con una riduzione del 6% rispetto all'anno precedente, la produzione mondiale di vino è stata quest’anno di 271 milioni di hl: la Francia ha prodotto 46,2 milioni di hl, l’Italia 44,4 e la Spagna 37. Il consumo mondiale di vino è invece di circa 243 milioni di hl, dove ormai il 39% viene consumato fuori Europa contro il 31% dell’anno 2000.

Ma quest’anno l'Oiv ha voluto prestare una attenzione speciale al mercato dei vini spumanti realizzando un focus apposito dal quale si legge che lo scorso anno la produzione mondiale di spumanti è stata di 17,6 milioni di hl, circa il 7% del totale del vino prodotto, con un aumento del 40% in dieci anni. Il consumo invece è cresciuto sempre in dieci anni del 30%, dai 11,8 milioni di hl del 2003 ai 15,4 del 2013. Per quanto riguarda l’export, questi è più che raddoppiato dal 2000 passando da 3,1 milioni di hl agli attuali 8,7. La crescita in valore però è stata più debole ma comunque positiva, da 2,3 miliardi di euro nel 200 a 4,3 nel 2013 il che va spiegato dalla crisi economica del 2008 e i suoi effetti sul consumo dei vini, in particolare per i prodotti di alta gamma (Champagne) a vantaggio di prodotti più abbordabili come Prosecco e Cava.


Crescono le vendite di vino nei supermercati e nella grande distribuzione Usa. Secondo i dati diffusi da Nielsen, e riportati dall’Italian Wine & Food Institute di New York, in dodici mesi tali vendite sono cresciute del 3,7% in totale, di cui l’1,9% di vini importati. L’Italia è cresciuta del 4,4%, seguono poi i vini australiani in calo del 6,1%. Al terzo posto l’Argentina (+5,1%), poi il Cile (+1,5%), la Nuova Zelanda, con un aumento record del 14,8%, Francia (+4,8%), Spagna (+2,5%). In diminuzione, oltre alla già citata Australia, i vini sudafricani e portoghesi.

Interessante osservare che la fascia di prezzo più venduta è quella da tre a sei dollari, quasi 4 milioni di dollari, seguita dai vini da nove a dodici dollari (3 milioni di dollari) mentre la fascia di mezzo tra i due, quella da sei a nove dollari, vende appena 1,75 milioni di dollari. Le tipologie più richieste sono: Chardonnay (+1,8%), Cabernet Sauvignon (+7,8%), Pinot Grigio (+6,1%), Merlot (-3,5%), Pinot Noir (+7,9%),Moscato (+8,4%), Sauvignon Blanc (+8,6%), Zinfandel Bianco (-8,6%), Riesling (-3,3%) e Malbec(+8%).


Nonostante la Bulgaria sia soltanto il decimo paese europeo produttore di vino, poco più di 1,2 milioni di hl, essa risulta sempre più interessante per gli investitori esteri. La agenzia di Stato bulgara per la vitivinicoltura (Bsaww) ha infatti annunciato che nei prossimi mesi verranno costruite undici nuove aziende vinicole nel sud del Paese grazie a capitali stranieri. Un basso costo del lavoro e l’opportunità di sperimentare nuove varietà di vite più resistenti alle malattie e alla siccità sono alcuni dei motivi che hanno portato alla scelta di investire nella viticoltura di Bulgaria.

L’export dei vini bulgari è di circa 500 mila hl, di cui la metà verso la Russia. Segue l’Ucraina, sebbene il conflitto militare in corso nel paese influenzerà negativamente la quantità esportata quest'anno. La Bsaww, poi, ha reso noto le previsioni della produzione vinicola del 2014, che dovrebbe segnare una significativa diminuzione a causa di una scarsa insolazione estiva.


La prima piattaforma di formazione online per il vino in Cina è da questi giorni entrata in funzione alla pagina school.wines-info.com del Wine College of China Wine Information. Rivolta ai professionisti cinesi del settore del vino, ma anche ai semplici consumatori, sul sito si potranno seguire video lezioni di noti esperti del vino cinesi e ottenere così una formazione di qualità, capace di soddisfare la rapida crescita del settore e la carenza di personale esperto. Il nuovo sito contiene quattro tipi di video lezioni per la formazione: conoscenza di base del vino, conoscenza avanzata del vino, corso di sommelier e di marketing del vino e formazione manageriale.


Sposato, con più di 40 anni e un reddito superiore a 150.000 dollari e in più interessato ai vini di qualità. È l’identikit di chi fa acquisti di vino online negli Stati Uniti, così come emerge da un recente studio della California Polytechnic State University (Cal Poly). Gli acquisti di vino online rappresentano ancora una piccola frazione del totale delle vendite di vino negli Stati Uniti, dal 2 al 5%, ma questo canale di vendita presenta validi potenziali di crescita, anche perché un numero crescente di tutti gli Stati che compongono gli Usa permette ora la vendita diretta ai consumatori senza intermediari.

Particolare attenzione viene rivolta nella ricerca californiana alla cosiddetta Millennial generation, quelli cioè nati dal 1977 al 1999, che invece sembrano non molto propensi agli acquisti online nonostante la loro confidenza con la tecnologia e l’uso del computer. La ragione è da ricercarsi, affermano i ricercatori della Cal Poly, nell’importanza per costoro di assaggiare il vino prima di comperarlo e preferire così quei momenti soggettivi ed esperienziali che precedono l’acquisto. Anche i costi di spedizione rappresenterebbero un ostacolo agli acquisti online per questa fascia di consumatori.


La Royal Society for Public Health ha sollecitato alle industrie britanniche di bevande alcoliche e alla Commissione europea l’introduzione di una etichetta sulle bevande alcoliche, vino compreso, che indichi la quantità di calorie. Da una ricerca della stessa associazione, infatti, è emerso che ben l’80% degli adulti non hanno idea di quante calorie una bevanda alcolica possa avere e, se ce l’hanno, questa è ampiamente inferiore alla realtà. Questa richiesta, dai chiari scopi salutistici, ha però incontrato una certa indifferenza da parte delle industrie delle bevande che, pur dichiarandosi aperte all’idea, affermano che è molto più valida e importante l’attuale etichettatura degli alcolici, riportante le cosiddette unità di alcole. La Royal Society for Public Health è una associazione indipendente multidisciplinare dedita alla promozione e alla protezione della salute pubblica e del benessere della intera collettività. Ne fanno parte più di 6000 operatori professionali della sanità provenienti da numerose aree di specializzazione.


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