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Anche per il 2013 il Veneto si conferma essere la regione maggiormente esportatrice di vino, con quasi 1,6 miliardi di euro sui 5 miliardi di totale nazionale. Lo rivelano i dati Istat sull’export disaggregati per regione, che mostrano al secondo posto il Piemonte, con quasi 1 miliardo di euro, e la Toscana, con circa 750 milioni. Complessivamente queste tre regioni valgono per i due terzi dell’export vinicolo nazionale. Osservando i dati di dieci anni fa, si nota come il Piemonte sia cresciuto del 120% in questo periodo di tempo, nel 2003 infatti esportava per 434 milioni di euro, mentre il Veneto ha ‘solo’ raddoppiato il valore del suo export, che era di 752 milioni di euro, mentre la Toscana ha realizzato una crescita del 63,7%. La quarta regione esportatrice, il Trentino-Alto Adige, è invece cresciuta meno della media, con un aumento del 5,8% in un anno e del 32,5% in dieci anni, raggiungendo la cifra di quasi 477 milioni di euro.


Gli Stati Uniti non sono un paese omogeneo, le sue differenze nei consumi e negli stili di vita sono parecchio evidenti da stato a stato ed anche per il vino il discorso non cambia. Osservando infatti il consumo di vino pro capite, si possono evidenziare meglio le disparità, anche notevoli, da Est a Ovest e identificare meglio i mercati più promettenti. Lo ha fatto il sito Business Insider che sulle sue pagine ha pubblicato i dati del consumo di vino pro capite negli Usa per singolo stato e le sorprese non mancano: in California, lo stato con la maggior produzione nazionale, il consumo è di solo 14 litri all’anno (ottavo posto) mentre lo stato di New York, ritenuto da molti il mercato più ricettivo e dinamico per il vino, è al 15° posto con 11,9 litri a testa. Dov’è allora il consumo più alto? A Washington con 25,4 litri, un valore ‘quasi europeo’. E a dimostrazione di come cambi anche radicalmente l’interesse per il vino da stato a stato, in coda all’elenco troviamo Mississippi e West Virginia con meno di 3 litri.


Il numero di marzo di Agreste, una pubblicazione del ministero francese dell’Agricoltura, riferisce ufficialmente ciò che da tempo si osservava sulle principali piazze vinicole d’Oltralpe: complici le scarse vendemmie degli ultimi due anni, il prezzo medio dei vini francesi sta aumentando, in alcuni casi anche notevolmente. I vini Aoc, Champagne escluso, sono ad esempio aumentati nei primi sei mesi di campagna (agosto-gennaio) del 18% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e del 25% rispetto agli anni 2008-2012. I vini di Bordeaux sono cresciuti del 20% rispetto allo scorso anno e del 23% rispetto alla media delle ultime cinque campagne, mentre i vini di Borgogna sono cresciuti del 32% nell’ultimo anno e addirittura del 51% negli ultimi cinque anni.

Sostenuta l’attività commerciale, specialmente per i vini sfusi. Quelli con indicazione geografica crescono infatti nel volume degli scambi del 2% per i rossi e rosati e del 13% per i bianchi rispetto alla campagna precedente, mentre quelli senza indicazione geografica subiscono un rallentamento delle transazioni del 23% per i rossi e i rosati e del 28% per i bianchi.


Come già preannunciato il mese scorso, l’ammorbidimento della Cina sulla questione delle misure ritorsive contro il vino europeo ha avuto finalmente una conclusione positiva con la sigla di un memorandum d'intesa tra Ceev, Comité européen des entreprises vins, e Cada, Chinese alcohol drinks association, in rappresentanza delle imprese vitivinicole europee e cinesi. L’accordo privato prevede, in cambio della chiusura dell’indagine cinese, l’impegno dei produttori europei a fornire e ospitalità agli stagisti e consulenza ai produttori cinesi in merito allo studio delle tecniche viticole in uso in Europa.

‘Accogliamo con grande soddisfazione la notizia della firma sul memorandum tra i produttori di vino europei e cinesi. Questo accordo va nella direzione auspicata di chiudere amichevolmente l'indagine anti dumping sul vino europeo delle autorità cinesi e rappresenta un nuovo punto di partenza nelle relazioni commerciali con il Paese asiatico’, così ha commentato il ministro italiano per le Politiche agricole, Maurizio Martina. Anche il ministro cinese del Commercio, Gao Hucheng, ha mostrato apprezzamento per la chiusura della controversia, sottolineando che in questa occasione entrambi i soggetti hanno dimostrato ‘realismo e moderazione’.


Abolita nel bilancio britannico del 2014 la Alcohol Duty Escalator, cioè la ‘scala mobile fiscale’ sull’alcol, una legge introdotta nel 2008 dal governo Brown che introduceva aumenti automatici del 2% al netto dell’inflazione su vino e bevande alcoliche.

A fine febbraio la Wine and Spirit Trade Association (WSA) aveva lanciato una campagna di opinione chiamata ‘Call Time Duty’ dove, con una lettera aperta al primo ministro George Osborne, venivano elencati i vantaggi della soppressione della scala mobile fiscale e concludeva con l’invito a scrivere una email al proprio deputato locale affinché si facesse portavoce nei confronti del governo di questa richiesta di abolizione.

L’abolizione della scala mobile fiscale sul vino è ritenuta dalla WSA anche come una misura di equità, l’analoga misura applicata alla birra era già stata sospesa l’anno scorso per sostenere l’occupazione di bar e pub, ma anche come misura di sviluppo, poiché si prevede nei prossimi anni un aumento delle vendite di vino e superalcolici a scapito della birra.


Le vendite di vino on line hanno superato i 5 miliardi di dollari nel 2012 e crescono con un ritmo del 30% all’anno, lo afferma uno studio della Global Wine Spirits che però rammenta come il canale on line sia ancora solo il 5% delle vendite di vino nel mondo, per cui i canali di vendita tradizionali, secondo la Global Wine Spirits, rimarranno ancora per parecchio robusti e affidabili. I consumatori europei sono i più sensibili alle vendite effettuate su Internet, infatti tra tutti i Paesi il Regno Unito è al primo posto, con l’11%, mentre il resto dell’Europa cresce dall’8 al 10%. Gli Stati Uniti sono invece parecchio indietro con appena il 2%.

Dallo studio della Global Wine Spirits si evidenziano inoltre i quattro modi di acquistare vino on line, dai siti discount o di aste, che mettono in vendita quantità limitate di vini con sconti fino al 50%, ai siti delle singole aziende, che invece preferiscono proporre offerte ai loro clienti diverse ogni giorno. Anche il negozio o l’enoteca tradizionale sono molto attivi su Internet sfruttando la possibilità di ritirare le bottiglie scelte al punto vendita risparmiando così i costi e i tempi di spedizione. Infine non vanno sottovalutati i Wine Clubs, dove i soci possono acquistare da aziende vinicole che praticano la vendita diretta al consumatore e riescono quindi ad ottenere un miglior margine di guadagno saltando la intermediazione.


I dati Istat confermano quello che si prevedeva e si sperava già nei mesi precedenti: nel 2013 l’export italiano di vini e mosti ha superato quota 5 miliardi di euro (+7,3%) pari a una quantità di 20,3 milioni di hl (-4,4%). Stati Uniti e Germania restano i primi due mercati per il vino italiano, un miliardo di euro a testa, ma con una grande differenza nel volume esportato: 2,9 milioni di hl (+0,8%) per gli Stati Uniti e 5,9 milioni di hl (-4,0%) per la Germania. E Russia e Cina? I due mercati dove si concentrano tante speranze per i produttori italiani non portano buone notizie: -21,8% (439.000 hl) in Russia, anche se il valore è salito del 14,4% a 114,5 milioni di euro, e -32,8% (219.000 hl) in Cina, con un calo del 3% in valore (74,7 milioni di euro).

L’export dei vini spumanti ottiene risultati eccellenti: +18,0%, per 735 milioni di euro, e +13,3%, per oltre 2 milioni di hl. Incrementi record per il Prosecco (+27,4%) mentre l’Asti registra appena +2,6% in quantità e +15,6% in valore. Il Regno Unito conferma la sua ‘sete’ di spumanti italiani: 394.000 hl (+40,2%) pari a 128 milioni di euro (+44,6%) appaiandosi così agli Stati Uniti, che totalizza 358.000 hl (+13,2%) pari a 137 milioni di euro (+18,4%). In sofferenza invece il terzo mercato per gli spumanti italiani, la Germania, che nel 2013 ha visto scendere i suoi acquisti a 253.000 hl (-16,7%) pari a 91 milioni di euro (-6,2%).


Una crescita del consumo di vino in India è attesa nei prossimi anni, lo riferisce uno studio di mercato di Vinexpo, il che è dovuto da un generale incremento del potere di acquisto da parte delle classi medie indiane. Tradotto in cifre, dalle 1,1 milioni di casse (circa 100.000 hl) consumate nel 2013 lo studio di Vinexpo prevede fra quattro anni una crescita del 73% così ripartita: 1,15 milioni di casse di vino rosso, 0,63 milioni di casse di bianco e 0,1 milioni di casse di rosato. Attualmente in India solo il 25% del vino bevuto viene importato, ma la crescita attesa dei consumi di vino si rifletterà anche sulle impostazioni, che passeranno da 0,28 milioni di casse a 0,48 nel 2007. Anche il mercato degli alcolici è previsto in crescita del 20% nei prossimi quattro anni, in particolare per il Brandy e per il Whisky. Se le previsioni di Vinexpo sono corrette, nel 2017 l’India sarà il quarto maggiore mercato per gli alcolici davanti alla Thailandia.


Il consumo di vino in Svezia, Norvegia e Finlandia è nel complesso in crescita, in particolare per il vino italiano le cui vendite sono in parte trainate dal successo che il Prosecco sta ottenendo. Lo riferisce un rapporto di Wine Intelligence, che ricorda come in Finlandia il vino italiano sia già al primo posto nelle preferenze dei consumatori. Come detto, il Prosecco ha avuto sui mercati scandinavi una forte crescita, grazie anche all’incremento in generale dei consumi di vini spumanti, +45% in Finlandia, +54% in Svezia e +70% in Norvegia dal 2011. Rimane però da vincere una certa inerzia da parte dei consumatori scandinavi nello scegliere nuovi vini e provare nuove marche, il che è dovuto anche da una mancanza di informazione sul vino in generale e su come vada portato in tavola.


Nasce a Firenze il museo del vino VinEx, sintesi di Wine Exposure, una esposizione dedicata alla lavorazione della vite e del vino con numerosi reperti di epoca etrusca, romana e medievale. È la prima realtà didattica dedicata al vino che non proviene da un consorzio o da una azienda privata e che quindi non intende celebrare origini o territori, ma invece mostrare come evolve nella storia il complicato percorso di conoscenze e di fatica che dal tralcio di vite porta al bicchiere di vino. Artefice di questa iniziativa è Giuseppe Iuppa, titolare del wine bar al cui interno sorge il museo: ‘So che un museo del genere non può reggere il confronto con gli Uffizi o l'Accademia - ha dichiarato - ma vorrei che potesse diventare un’attrazione per far vedere ai visitatori di Firenze una parte importante del made in Tuscany enologico’. Il museo è aperto tutti i giorni, dalle 10 a mezzanotte in concomitanza con gli orari del wine bar, i cui clienti hanno ingresso libero.


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