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La Corte di appello di Colmar (Francia) ha penalmente assolto la scorsa settimana 54 ambientalisti che quattro anni fa nel corso di una protesta avevano distrutto un vigneto sperimentale geneticamente modificato. La Corte, commutando la precedente condanna di primo grado in una semplice multa di 57.000 euro, ha motivato la sentenza ritenendo illegale il vigneto Ogm perché le autorità locali non avrebbero in precedenza valutato correttamente il rischio per l’ambiente.

Soddisfazione da parte di tutto il movimento ambientalista francese, che ritiene questa sentenza una pietra miliare nella loro battaglia contro la coltivazioni Ogm, mentre l’Inra, l’ente di ricerca francese per l’alimentazione e l’agricoltura, ha al contrario accusato i giudici di Colmar di voler compromettere con questa sentenza l’intero futuro della ricerca pubblica in Francia.


Il direttore generale dell'Oiv, Jean-Marie Aurand, ha presentato ieri a Parigi un primo bilancio del raccolto, della situazione del mercato mondiale del vino e degli scambi internazionali nello scorso anno. La ripresa continua purtroppo a farsi attendere mentre il consumo di vino nel 2013 si trova in leggero calo di 2,5 milioni di hl rispetto al 2012 raggiungendo così un totale di 238,7 milioni di hl, mentre per contro la produzione mondiale di vino è aumentata a 278,6 milioni di hl nonostante una sostanziale stabilizzazione delle superfici vitate (7,436 milioni di ha).

Tornando ai consumi, in Europa i paesi tradizionali come Francia, Italia e Spagna sono in flessione mentre gli Stati Uniti diventano, nel 2013, il primo mercato interno mondiale in termini di volume con 29,1 milioni di hl di vino consumati esclusi vermut e vini speciali. In Cina, invece, la rapida crescita del consumo degli ultimi anni segna una battuta d’arresto, con una riduzione del 3,8% (da 17,5 milioni di hl a16,8. Infine i principali paesi dell'America latina, Argentina, Cile e Brasile, il Sud Africa e la Romania registrano una crescita dei consumi rispetto al 2012 compresa tra l’1 e il 3%.


In Cina il problema delle contraffazioni dei vini stranieri sta diventando sempre più grosso e preoccupante. Maggiore è la fama internazionale dell’etichetta, più alto è il rischio che il consumatore cinese acquisti al suo posto un vino diverso, falso nel contenuto e nella bottiglia. Non è un fenomeno da sottovalutare: si stima, ad esempio, che il 50% di Chateau Lafite venduto in Cina sia falso e che molti di questi grandi vini contraffatti siano addirittura fabbricati su dei natanti ancorati al largo delle coste cinesi in acque internazionali.

Il fenomeno è ormai a livello industriale e per fronteggiarlo il governo cinese ha lanciato una iniziativa di marcare i prodotti autentici con una etichetta di garanzia di autenticità e di tracciabilità denominata Peop, Protected Eco-origin Product. Una serie di codici, visibili e invisibili al consumatore, abbinati a un QR Code, leggibile da un moderno smartphone, forniranno la garanzia di autenticità richiesta. Le dogane cinesi potranno poi controllare i codici di autenticità consentendo quindi ai vini con etichetta Peop di accorciare i tempi di sdoganamento. L’iniziativa è ancora in corso di progetto avanzato, mentre i costi da sostenere per ottenere questa etichetta antifrode sono ancora in fase di negoziato.


Con l’inizio dell’esame in commissione Agricoltura della Camera nella seduta di ieri, è ufficialmente iniziato il ‘viaggio’ del testo unico sul vino che dovrebbe portare in tempi rapidi a una revisione e un accorpamento dei principali atti legislativi nazionali nell’intento di rispondere alla forte richiesta di semplificazione burocratica e amministrativa che tutto il comparto vinicolo da anni invoca. Sul sito della Camera è ora disponibile il testo completo della proposta di legge dal titolo ‘disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino’, primo firmatario l’on. Luca Sani. Durante l’iter in commissione di questi mesi non si escludono ulteriori momenti di confronto e di approfondimento con le associazioni di categoria sostenitrici della proposta di legge in questione.


L’Italia non parte bene quest’anno nell’export vinicolo verso gli Stati Uniti: secondo i dati del’Italian Wine and Food Institute infatti il vino italiano nel primo bimestre ha perso il 13,1% in quantità e il 2,8% in valore facendo così perdere al nostro Paese il primo posto in quantità tra i Paesi esportatori a favore dell’Australia. L’Italia resta però saldamente al primo posto, dopo Francia e Australia, nella classifica per valore, con quasi 186 milioni di dollari. Anche nel 2013 si verificò una situazione analoga, ma nei mesi successivi il nostro Paese seppe riprendersi il primo posto anche perché bisogna tenere conto che la quasi totalità del vino italiano viene esportato in bottiglia, mentre più della metà di quello australiano viene esportato sfuso. Discorso diverso per gli spumanti, dove l’Italia registra, sempre nel primo bimestre di quest’anno, un aumento del 5,2% in quantità e del 4,7% in valore mentre la Francia resta al palo con -0,8% in quantità e -9,3% in valore.


Una indagine condotta su 1500 consumatori britannici e commissionata dalla associazione vini della Côtes du Rhône rivela che tre quarti di loro evita di ordinare del vino durante una serata al pub o in un party nel timore di essere preso in giro dagli amici. La quota sale al 50% se invece ci si trova in un ristorante. Anche se è sempre più diffuso, riferisce l’indagine, il piacere di bere un bicchiere di vino quando si è a casa, una volta fuori il vino continua ad essere per il consumatore britannico una bevanda che incute un po’ di timore e di rispetto misto ad ossequio, per cui, per paura di non essere all’altezza della situazione ed evitare di fare brutte figure, questi preferisce ordinare una più rassicurante birra o un semplice long drink. A riprova di ciò l’indagine riferisce che un quarto di quelli che scelgono di bere vino lo fanno nel tentativo di impressionare i propri ospiti o la propria ragazza, mentre per contro il 60% di loro non ordina un vino se prima non lo ha già provato a casa.


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