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In una riunione di pubblico accertamento in programma per oggi a Verona i produttori vinicoli del Nordest e i rappresentanti istituzionali di Veneto, Friuli e Trentino si sono confrontati sulla proposta di disciplinare della Doc Pinot grigio delle Venezie. Con questa nuova Doc si intende valorizzare una denominazione territoriale dal potenziale produttivo di oltre 200 milioni di bottiglie l’anno e che rappresenta il 90% del Pinot nazionale. Confermato l’obbligo del contrassegno di stato a garanzia della produzione. Siamo ormai alle battute conclusive per la istituzione di questa nuova Doc: fra pochi giorni si svolgerà una riunione ad hoc al ministero e poi la pubblicazione in Gazzetta del disciplinare in tempo, si spera, per la campagna vendemmiale appena iniziata.


A due mesi dal referendum che ha avviato l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea le aziende vinicole del continente si stanno ancora interrogando su quali potranno essere le conseguenze future per i loro affari. È quindi l’ora delle società di ricerca e di investimenti che tentano di fare luce sugli effetti della Brexit con le loro analisi di mercato. È il caso di Rabobank, che al momento vede due tipi di difficoltà: nel corto periodo la svalutazione della sterlina in atto e nel medio periodo alcuni ostacoli sul libero commercio attuale. In entrambi i casi i paesi maggiori esportatori nel Regno unito (Italia, Spagna e Francia lo sono per il 60% circa) dovranno, secondo Rabobank, fin da ora muoversi per potenziare i loro sforzi verso altri mercati come Stati uniti e Cina. La società d’investimento britannica Cult Wines invece mostra un certo ottimismo sottolineando il fatto che in caso di incertezza economica si è sempre portati a cercare investimenti sicuri come il vino: per il 27% dei professionisti del vino intervistati da Cult Wines, infatti, gli investimenti sul vino diventeranno più attraenti per gli investitori internazionali. E, complice la svalutazione della sterlina, Cult Wines già segnala nel suo rapporto un crescente interesse da parte di operatori statunitensi e asiatici.

Ma i vincitori del referendum vedono già l’occasione per ritornare ai bei tempi antichi e se poco ci manca alla richiesta di reintrodurre gli scellini e le ghinee nei loro portamonete, qualcuno nel settore dell’imbottigliamento sta già muovendosi. Tra questi Simon Berry, presidente della più antica ditta inglese per il commercio di vini, la Berry Bros. & Rudd, che chiede a gran voce il ripristino della pinta imperiale per lo Champagne. Una bottiglia da 56,8 cl che l’Unione europea aveva vietato fin dagli anni Settanta e che si trova a metà strada tra la mezza bottiglia da 37,5 cl e quella standard da 75 cl. La pinta imperiale, afferma Mr. Berry, corrisponde a circa quattro calici di Champagne, la misura ideale per una coppia che può così berne ciascuna una a pranzo e una a cena. Lo Champagne infatti, afferma Mr. Berry con una punta di poesia, è nato per essere condiviso idealmente con un'altra persona.


Il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, in occasione dell'inizio della campagna vendemmiale per l'anno 2016/2017. ha diffuso ieri un vademecum per tutti gli operatori vitivinicoli nel quale sono riassunti i principali adempimenti a carico delle imprese, le norme di riferimento e le disposizioni applicative. L'Icqrf, sulla base delle specifiche linee guida già diramate, effettuerà i controlli sulla raccolta e la movimentazione delle uve, sulle operazioni di trasformazione e sulla circolazione dei prodotti e dei sottoprodotti vitivinicoli ottenuti. Sono inoltre previsti controlli sui prodotti in ingresso ai porti e sulla produzione dei mosti concentrati e dei mosti concentrati rettificati.

Questa campagna, per la prima volta in Italia e nell'Ue, sarà contraddistinta dall'utilizzo del registro dematerializzato la cui sperimentazione è iniziata il 1° aprile scorso, e che diventerà obbligatorio dal 1° gennaio 2017. Lo scopo è quello di consentire agli operatori di prendere confidenza con le nuove funzionalità telematiche. Grazie al superamento delle registrazioni su supporto cartaceo diminuirà l'esigenza di operare sul campo da parte degli ispettori aumentando l'efficacia e l'efficienza dei controlli e, nel contempo, riducendo l'aggravio per le imprese. In un'ottica di semplificazione e competitività anche nel corso di questa campagna l'Icqrf applicherà in tutti i casi previsti lo strumento della diffida, introdotto con il decreto legge n. 91 del 24 giugno 2014 convertito in legge n. 116 dell’11 agosto 2014, articolo 1, comma 3 (denominato Campolibero). (g.r.)


Nei sei mesi di Expo 2015 il padiglione vino di Veronafiere e Vinitaly ha realizzato 6,1 milioni di ricavi, ma i costi di realizzazione e di gestione, lievitati a 12,7 milioni di euro fanno andare in rosso il bilancio 2015 dell’ente veronese. Infatti, a fronte di ricavi complessivi per 75,6 milioni di euro, che arrivano a 89,5 con le partecipate o controllate del gruppo Veronafiere, la scelta di far ricadere sull’esercizio 2015 tutti i costi sostenuti per il progetto Expo fa sì che il risultato netto sia negativo per 5,6 milioni di euro mentre l’utile operativo da +2,2 milioni passa a -7,5 milioni e il risultato netto da +730.000 euro a -5,6 milioni. E se per coprire il disavanzo si è ricorso alla riserva statutaria, lo scorso mese è stato dato il via libera alla trasformazione da ente autonomo di diritto pubblico in società per azioni. L’intento dichiarato è quello di rafforzare l’internazionalità di Veronafiere potenziandone le attività con particolare attenzione ai settori agroindustriale e vinicolo.


Si è appena conclusa la campagna vitivinicola 2015/2016 e il settore ha lo sguardo rivolto alla vendemmia già in svolgimento in alcune zone per le uve base spumante. Nell'analisi delle tendenze dei prezzi di mercato si deve considerare che la produzione del prossimo autunno verrà messa a confronto con quella abbondante del 2015 che, secondo i dati provvisori dell'Istat, ha superato del 14% quella dell'anno precedente. Questo risultato colloca al primo posto l'Italia tra i produttori mondiali, superando la Francia, ferma a 47,8 milioni di ettolitri. Le aspettative quantitative e qualitative della vendemmia 2016 sono piuttosto ottimistiche nonostante le incertezze derivanti da gelate tardive e dai problemi fitosanitari che hanno colpito alcune zone. Ancora troppo presto però per dare delle indicazioni numeriche che, invece, saranno prodotte da Ismea grazie all'indagine di metà agosto i cui risultato verranno diffusi, nell'ambito della sua partecipazione all'Osservatorio del vino, nella prima settimana di settembre. Ma al di là del primato 'statistico' 2015, questa maggior produzione ha da subito condizionato negativamente i listini soprattutto nel segmento dei vini comuni, che proseguono in direzione opposta rispetto a quella dei vini di pregio.

Secondo l’indice Ismea dei prezzi alla produzione, il settore vino nel suo complesso ha chiuso la campagna 2015/2016 con una flessione dei listini del 2% (dato provvisorio) rispetto alla precedente, in linea con ciò che è accaduto in generale nel comparto agricolo, mentre per le coltivazioni, in particolare, la flessione è stata molto più marcata e pari all’11%. All’interno del settore vino comunque, la situazione appare piuttosto variegata, infatti si registra una decisa frattura fra le tendenze dei i vini comuni e quelle dei vini Doc-Docg. I primi hanno chiuso anche la campagna 2015/2016 con forti ribassi dei listini, che nel segmento dei rossi hanno superato il 10%, mentre nel circuito dei bianchi il calo è stato più contenuto. Come noto il segmento dei vini comuni subisce la forte concorrenza della stessa tipologia di vino di origine spagnola che viene esitato sui mercati internazionali a prezzi decisamente più competitivi. Basti considerare che nella campagna appena conclusa i prezzi medi dei rossi comuni iberici, benché in ascesa, sono stati pari a 2,90 euro l’ettogrado contro i 3,59 euro dell’analogo prodotto italiano. Ancor più accentuata la forbice di prezzo sui bianchi e in questo contesto il timore che il prodotto italiano stenti a recuperare terreno, soprattutto all’estero, è e resta forte. (g.r.)


Fra tutti i cinesi acquirenti di vino importato la metà di loro, una ventina circa di milioni, effettua i suoi acquisti su Internet. Lo si ricava da un recente report di Wine Intelligence, che osserva poi come questa forte crescita negli acquisti di vino su Internet non sia avvenuta dentro siti specializzati ma invece di commercio generico, come Alibaba.

Come motivazioni, il 65% ottiene su Internet un migliore rapporto qualità / prezzo (54% nel 2014) mentre il 26% trova in rete vini di qualità complessivamente superiore che su altri canali (18% nel 2014). Le fonti di informazione preferite sono i consigli e le opinioni con gli altri consumatori scambiati sui blog e sui siti dove si effettuano gli acquisti anche se, fa notare Wine Intelligence, sono ancora i siti ufficiali delle aziende vinicole produttrici a influenzare maggiormente le decisioni di acquisto. Si conferma infine l’importanza dei social media, come Weibo e WeChat, come la più veritiera fonte di informazioni.


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