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Rinasce il vino degli antichi romani

Produrre il vino proprio come si faceva nell’antica Roma, con le tecniche colturali in uso in quel tempo e riportate in vari testi romani dal I secolo a.C. al II d.C., in particolare nel De Agricultura di Columella e nel secondo libro delle Georgiche di Virgilio. È questa la sfida che l’istituto per i beni archeologici e monumentali del Cnr in collaborazione con la cattedra di metodologie, cultura materiale e produzioni artigianali nel mondo classico dell’università di Catania hanno raccolto e tradotto in un progetto dal nome ‘Archeologia del vino in Italia: un esperimento siciliano’.

Già in passato vennero fatti alcuni esperimenti di archeologia enologica, come ad esempio l’identificazione e il recupero dei vitigni utilizzati nell’antichità, ma questo progetto intende utilizzare fedelmente le conoscenze degli antichi romani sia nella conduzione della vigna sia poi nella vinificazione. Le viti sono state piantate con attrezzi in legno, ad esempio, e legate al tutore con foglie di canna e di ginestra. Invece di fermentare nelle botti, il mosto verrà posto in grandi vasi di terracotta e seppelliti per terra fino all’imboccatura. I vasi saranno foderati di cera d’api per renderli impermeabili e saranno lasciati aperti durante la fermentazione, ovviamente senza l’uso di moderni agenti fermentanti, e poi sigillati con argilla o resina. La prima vendemmia di questo vigneto sperimentale vicino a Catania è prevista tra quattro anni con una quantità stimata in un quintale circa di uva raddoppiabili già dall’anno successivo.


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