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Una ricerca universitaria per difendere il Prosecco australiano

Riconoscerlo come semplice nome di vitigno invece che come denominazione di origine significa eliminare ogni limitazione per il suo utilizzo

Il governo australiano ha stanziato centomila dollari australiani (cira 62.000 euro) ai ricercatori della Monash university di Melbourne per ricercare criteri, prove e procedure e poter definire il Prosecco come il nome di un vitigno e non quello di una indicazione geografica. È una questione che si trascina da tempo, coinvolgendo anche la Nuova zelanda, e non è la prima volta che l'Australia si oppone al riconoscimento del Prosecco Dop, forte della realtà produttiva nazionale di oltre 80 milioni di euro. Riconoscere il Prosecco come un semplice nome di vitigno equivale a permetterne l'uso nelle etichette australiane senza limitazioni legali, mentre la sua registrazione come denominazione di origine, che è stata riconosciuta dall'Unione europea dieci anni fa, permetterebbe di difenderne il nome all'interno di un accordo commerciale senza riserve. L'Ue aveva già tentato nel 2013 di registrare in Australia il Prosecco come indicazione geografica ma con esito negativo. Successivamente furono avviati dei negoziati nel 2018 per un accordo di libero scambio, ancora in corso, dove il Prosecco era incluso in un elenco di oltre 1500 nomi di prodotti alimentari da riconoscere e da tutelare. Il punto è che la parola Prosecco genera un business sia in Italia sia in Australia di parecchie decine di milioni con prospettive di crescita davvero rilevanti per entrambi i contendenti. Secondo Wine Australia lo scorso anno sono state prodotte circa 10.000 tonnellate di uve Prosecco, rispetto alle 2189 tonnellate del 2015, ad un prezzo medio di 835 dollari australiani (518 euro) sempre per tonnellata.

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